IL VERO VOLTO DI SANT’ANTONIO. Dall’ iconologia storica alla ricostruzione scientifica

Una curiosità  sulle immagini di uno tra   santi  più amati e venerati, Antonio da Padova (da non confondere con  il barbuto Sant’Antonio Abate, protettore  degli animali) riguarda l’aspetto giovanile, imberbe e dai  lineamenti quasi  fanciulleschi, dell’iconografia ufficiale; eppure si  tratta di un uomo che condusse  una vita assai  breve (solo 36 anni) ma intensa, colma  di  viaggi e  peregrinazioni, naufragi e pericoli, prima di  salire al cielo ed essere santificato.

Ma come mai quasi sempre, tanto  i  grandi maestri dell’arte, quanto le comuni immaginette  devozionali lo ritraggono, per lo più, con questo  tipo di  fisionomia?

Certamente, una prima spiegazione possiamo trovarla nel fatto che nei tempi passati, il mondo artistico usava identificare le caratteristiche dei personaggi ritratti, attraverso messaggi visivi  che colpivano  la vista  dell’osservatore  con espedienti  precisi,  tali da  comunicare più facilmente, un  determinato aspetto della  personalità del  soggetto raffigurato oppure  della sua attività  o ancora, un suo  status specifico.

Nel  taumaturgo  di  Padova, si  voleva  mettere in risalto proprio la  giovane età,   dunque  rappresentarlo privo di  barba  e con  lineamenti  quasi  adolescenziali,  significava fornire all’osservatore alcuni indizi fondamentali per riconoscerne la   personalità; i canoni iconografici,  di  solito, erano i seguenti:

-vita breve = un volto giovanile ed imberbe;

-anima  pura, spesa nella dedizione  al prossimo=  simboleggiata da un fiore di   giglio che compare quasi  sempre, nei suoi ritratti

-monaco=  indossa il saio

-santo =segnalato dall’aureola.

Il più delle volte,  Sant’Antonio è  ritratto  mentre tiene in braccio affettuosamente, Gesù Bambino ed è per questo  che vien considerato  il  tenero patrono dei  bambini;  ma non solo: la devozione  a questo grande monaco -che ancora oggi non diminuisce nonostante la sua opera  terrena  sia ormai molto lontana nei  secoli- si  allarga in buona parte  del mondo, fino in Portogallo, sua  terra natale, ma pure in Brasile dove  è patrono   dei  poveri, delle donne incinte ma  anche  dei  viaggiatori, degli  oggetti smarriti, dei pescatori, dei cavalli, di marinai e naufraghi,  dei nativi americani, dei  fidanzati  e infine,  dei matrimoni.

Esiste, però, qualche rara eccezione iconografica in cui l’ espressione  del  suo volto  viene  resa  più  matura ed autorevole,  con il mento  incorniciato  da una leggera barba;  anche i  lineamenti risultano  meno acerbi rispetto ai  ritratti del  santo   più comunemente diffusi.

Proprio questo  aspetto desta  in noi,  una certa curiosità  indagatoria sulle motivazioni che  condussero   maestri  del  calibro  di El Greco  o di  Murillo a discostarsi dalla tradizione

Il noto dipinto di El Greco (Dominikos Theotokopulos) risale  al  1580 ed oggi è conservato al  Museo del Prado a Madrid. La particolarità che emerge in questa tela non è tanto  lo stile    “allungato”,  tipico  ed unico con cui l’artista componeva tutte le  sue  figure; ma  non è neppure la particolare configurazione dello scenario   in cui, in modo  del  tutto inconsueto, El Greco posa un  minuscola immagine di  Gesù Bambino sopra alle pagine del  libro. Questa immagine fu aggiunta dal pittore in un secondo  tempo  -come deducono i risultati  di  un  moderno esame radiografico-  proprio a confermare gli usi  stilistici  che al tempo di  El Greco  si  erano ormai  affermati nell’iconografia del  santo  portoghese.

Ciò che rende  atipico questo dipinto  è il modo in cui l’artista  realizzò il volto del monaco francescano ossia insolitamente   asciutto e soprattutto, con una leggera peluria che  gli contorna i lineamenti. Un espediente per sottolinearne la maturità intellettuale, la  forza d’animo e l’autorevolezza? E’ un’ ipotesi  da non  escludere.

Altra opera che raffigura il patrono di Padova con la medesima caratteristica è datata  1665/66 e fu  dipinta a  Bartolomè E. Murillo; il volto  è  più giovanile  e i lineamenti  sono più delicati  rispetto alla tela  di  El Greco, di  conseguenza rispecchiamo maggiormente i  più comuni  canoni di rappresentazione dell’ immagine antoniana.  L’elemento barba  potrebbe essere considerato  valido  a mostrare una giovinezza non adolescenziale, un voler sottolineare  un  vigore nelle  azioni   mistiche sì,  ma   movimentate perchè  il monaco di  Lisbona viaggiò tanto, affrontò pericoli e vicissitudini di  ogni genere, durante il suo operato   religioso.

Ma si può anche ipotizzare che il  santo portasse realmente la barba, che  non avesse affatto  quell’aspetto di   giovinetto delicato  che l’iconologia secolare gli aveva attribuito creando  così, un luogo  comune che ha  attraversato il tempo  nell’immaginario  collettivo.

Una personalità   energica  doveva essere quella del  vero  sant’Antonio da Padova, al secolo   Fernando Martins de Bulhões (Lisbona, 15 agosto 1195 – Padova, 13 giugno 1231) appartenente all’Ordine francescano, proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa molti secoli dopo, nel 1946.

Primogenito di una nobile famiglia -il padre Martinho Afonso de Bulhões, cavaliere del re e probabile  discendente di un  noto condottiero  della prima Crociata ( 1096-1099), Goffredo  di Buglione. Da principio canonico regolare a Coimbra dal 1210, poi dal 1220, frate francescano. Dotato di grande umiltà  ma anche di grande sapienza e cultura, per le sue valenti doti di predicatore.

Nel 1219 partecipò ad una spedizione missionaria  indetta da   Francesco d’Assisi,  alla volta del Marocco, con l’intento di convertire i musulmani dell’Africa; una volta giunti a destinazione, i suoi compagni religiosi  furono  decapitati dagli indigeni.

Lo sconcerto per l’accaduto spinse il giovane devoto   ad entrare definitivamente nell’ordine del santo d’Assisi, nel settembre 1220.

Nell’autunno dello stesso anno  s’imbarcò con un confratello, Filippino di Castiglia, per riprendere l’attività missionaria ma contrasse la malaria e dovette rientrare a Coimbra; durante il viaggio di  ritorno furono sorpresi  da una tempesta e naufragarono fortunosamente  sulla coste di Milazzo, da cui risalì a piedi,  fino a nord Italia, predicando nei villaggi e nelle città  soprattutto  dell’Emilia e della Romagna, allora soggette a guerriglie civili che le insanguinavano, inasprite  dagli scontri tra clan familiari.  Antonio, senza sosta,   esortava   quelle popolazioni, alla pace e alla mitezza.

Una vita dedita alla  missione di  concordia e umiltà,  tanto  da rendere il patrono della città di  Padova,  tra i più  amati   dalla gente.  Questo  certamente è il motivo  che spinse molti  artisti  a ritrarlo con tali caratteristiche    ch’essi  evidenziavano, particolarmente,  nella raffigurazione  del  suo volto. Viaggiò  e predicò ancora  molto,  soprattutto in Francia   ma  le fonti sono incerte sul periodo del  suo  rientro  in Italia; un’antica tradizione narra che imbarcatosi per mare, naufragò nuovamente in Sicilia, dove sono conservate numerose reliquie a lui attribuite. Raggiunse Assisi il 30 maggio 1227.

Gli ultimi  anni della vita sono i più importanti per la sua eredità spirituale. Nonostante l’incarico  di predicatore  lo portasse   in vari  conventi dell’Italia settentrionale, scelse  quello di Padova come propria residenza; da lì grazie  al suo  operato straordinario, in  seguito fu acclamato   patrono della città. Sant’Antonio si spense il 13 giugno  1321, poco  tempo dopo la visione di un nobiluomo,  tale  conte Tiso,  che lo ospitava  a Camposanpiero; l’aristocratico    narrò di  aver visto il monaco immerso in una grande luce mentre teneva in braccio il Bambin Gesù.

I progressi  scientifici dei  nostri  giorni aiutano a ricostruire qualche  dato che ci permette di ottenere  nozioni più certe  e meno fantasiose sull’aspetto  fisico  del  santo  di  Padova, quantomeno più realistiche  dell’ immaginario ritrattistico  trasmesso nel  corso  dei  secoli e giunto  fino a noi.

Molto interessanti  risultano  le ricerche compiute  in questi  ultimi anni, con   moderne strumentazioni tecnologiche le quali hanno rivelato i tratti  del volto molto  vicini alla realtà.  Gli scienziati  hanno utilizzato il calco della sua reliquia  cranica, presente  dalla Basilica  di Padova.

Il calco  fu realizzato  nel  1981, in occasione  di una ricognizione delle spoglie del santo.

La ricostruzione forense fu  eseguita nel 2014 sulla base dell’analisi  morfometrica  del  calco stesso, grazie  al Museo di Antropologia dell’Università di Padova, in collaborazione con Arc-team Archaeology (TN), Centro Studi Antoniani (PD), Centro de Tecnologia da Informação “Renato Archer” e Laboratorio de Antropologia e Odontologia Forense (Brasile).  Ad oggi, tale esame risulterebbe aver fornito forse, l’ immagine più realistica  finora mai realizzata.

In effetti, l’immagine emersa, rispecchia le caratteristiche di un uomo caucasico, massiccio, dai lineamenti marcati e tipici  del territorio mediterraneo -luogo  d’origine  del  santo-  confermando  una struttura del  volto  senz’altro consona  alla descrizione storica.  Sant’Antonio ebbe un   tipo di vita duro e movimentato,   esigente  una certa prestanza fisica. Ciò smentirebbe, senza   ombra di dubbio, la ritrattistica tradizionale  del  giovinetto glabro e delicato.

Confrontando l’immagine dell’affresco  di  scuola giottesca della Basilica di  Padova con quella  risultante  dall’  esame scientifico e  pubblicata  nell’anno 2014, non possiamo non riscontrare  una certa  somiglianza.

Rispettivamente ai ritratti  realizzati  nelle epoche  successive, l’affresco  giottesco   è forse quello maggiormente somigliante a tali caratteristiche. Il volto pieno, lo sguardo autorevole, i lineamenti  non delicati e i tratti  somatici  più marcati, confermano in qualche modo  l’ uomo risultante  dalla  ricostruzione tecnologica   in 3D.

Ma non c’è  da stupirsi  se consideriamo che Giotto fu l’artista più coevo  alla vita di  S. Antonio  da Padova dunque le cronache  e i racconti dell’epoca,  permisero al pittore o alla sua  scuola,  di  interpretare con una certa dose di  realismo,  i caratteri somatici  del  grande taumaturgo.

Comunque sia, il moderno progresso  tecnologico, utilizzato  a fini culturali,  può rivelarsi  di  grande aiuto a scoprire dettagli  fondamentali per la ricerca  degli storici  dell’arte.

Anna Rita  Delucca    (09/11/2022)

 

CONDIVIDI:
Anna Rita Delucca
Anna Rita Delucca
Curatrice mostre Storica dell’arte Scrittrice Articolista Promotrice arte. Nel 2012 ha fondato l’associazione arte e cultura La Corte di Felsina nella città di Bologna

I nostri Partners